Roulotte Antenate (Caravan) il forum

Roulottismo dagli anni 60 a oggi

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willy_m
view post Posted on 6/11/2016, 20:32




Dicevo che l'appetito vien mangiando. Cioè, tale era l'entusiasmo per quei viaggi, che un paio d'anni dopo, era il 1967, arrivò il momento di una roulotte più confortevole e razionale: alla Fiera di Roma ci innamorammo tutti della nuova ARCA 1500, e stavolta fu mia madre a volerla fortissimamente. Doppia dinette, tre ambienti separati da vere porte scorrevoli, WC nautico con tanto di tazza in porcellana (!) e serbatoio acque nere da 60 litri, doccia con scaldabagno a gas; sistema idrico con serbatoio piatto da 80 litri sotto il pavimento e serbatoio a caduta da 20 litri, sopra uno dei due armadi (due!), collegato al primo da pompa elettrica e, in emergenza, a pedale. E poi stufa a gas, frigorifero trivalente, doppio ingresso come nella 1100 (un vezzo dell'Arca, poi abbandonato; ma avendo visto andare a fuoco una roulotte, con gli occupanti che si buttavano dal finestrone, la cosa ci sembrava molto utile) ma, in aggiunta, un praticissimo sportellino nella parte superiore dell'ingresso "secondario", che si poteva lasciare aperto anche se pioveva. E il doppio ingresso permetteva, a volerla usare in modo stanziale, due verande, da un lato e dall'altro, perché la canalina per il fissaggio c'era sui due lati. Una vera villa!
Tutto l'arredamento era realizzato in tamburato di legno di teak, con tappezzerie eleganti e di buona qualità che creavano un'atmosfera intima ma raffinata. E in più ben quattro botole in vetroresina a doppio strato sul soffitto: non si soffriva mai il caldo, né il freddo. Il tutto in soli quattro metri e mezzo di lunghezza e 2.10 di larghezza, cioè molto pratico per viaggiare. Aveva però un innovativo timone lunghissimo, 140 cm, che diminuiva il peso sul gancio di traino, e facilitava sia l'aggancio a mano che le manovre in retromarcia; inginocchiato, per tenere più bassa la roulotte anteriormente; ma aumentava la lunghezza totale del treno a 10 metri e mezzo. Tanto, a quel tempo, in cui tutto era più piccolo.
Potrei citare tanti altri dettagli che allora sembravano straordinari; molti dei quali oggi sono invece comunissimi. In generale tante cose adesso si danno per scontate, nemmeno ci si fa caso. Allora, invece, ci si sforzava di capire ogni particolare, e si valutava con cognizione di causa se fosse meglio uno o l'altro accessorio, se ne valutava il peso, e anche questo aiutava a maturare; i roulottisti erano tutti un po' ingegneri. Anzi, sotto questo aspetto l'ambiente dei roulottisti è anche oggi meglio di tanti altri, ma allora si era proprio forzati a capire quella tecnologia elementare. Tante soluzioni intelligenti sono poi state abbandonate, non perché fossero sbagliate o inutili, ma solo perché non c'era un mercato sufficiente a renderle remunerative per i produttori. Mia madre per esempio, era particolarmente orgogliosa per aver ottenuto da Cogliati una modifica all'armadio della "cameretta" anteriore, che, unico nella produzione ARCA, aveva nella parte inferiore una vera, praticissima e capiente scarpiera con cinque ripiani. Rimase unica.
Con una tale Rolls Royce delle roulottes di quel tempo, che oltre a tutto il resto frenava discretamente, ci sentivamo di potere andare in capo al mondo e di poter star via per mesi senza soffrire né di claustrofobia né della mancanza delle comodità di casa. Una Rolls, però, pesa molto, e così anche la nostra Arca; ora la Fiat 2300 era una motrice pienamente giustificata, anzi... quasi indispensabile. A quei tempi, oltretutto, i controlli sui pesi da parte delle autorità competenti erano virtualmente inesistenti. Con grande allegria, visto che per legge il rimorchio non poteva superare i 750 kg senza avere la patente E, venne omologata dall'ARCA per 700 kg, mentre probabilmente pesava il doppio. Ma nessuno l'ha mai pesata. Forse intuendolo, avevamo scelto di portare con noi solo il tendalino, niente veranda per minimizzare ingombri e pesi, ma anche per smontarlo e rimontarlo rapidamente, anche ogni giorno. Abbiamo usato quella ottima roulotte in due generazioni della nostra famiglia girovagando per l'Italia e l'Europa, portandola in montagna sotto nevicate pazzesche, e in cima a scogliere a picco sul mare, con il finestrone aperto sui panorami più belli, in campeggio libero in cima alla Val Ferret, in una notte di luna di fronte al Monte Bianco, sotto il ghiacciaio delle Grandes Jorasses, dove la strada finisce. A Londra, in Scozia, a Stoccolma, a Berlino, in Camargue... . Quando i miei genitori hanno smesso, e mio padre (che aveva avuto un infarto mentre era in roulotte a Vienna, con mia madre) voleva venderla, fu la mia ragazza del tempo a convincerlo a tenerla, che l'avremmo usata noi. L'infarto in realtà non gli era venuto, come sostenevano i medici, perché a 60 anni suonati non avrebbe dovuto farsi tante ore di guida con il rimorchio, ma perché era appena andato in pensione! Lo stress da fine attività può uccidere.
La mia ragazza mi lasciò il mese dopo, ma con quella che prese il suo posto (e che è rimasta: molto, molto, molto a lungo...!), l'abbiamo usata tantissimo. L'ho usata anche da solo, con qualche amico per avventure montanare, prima di metter su famiglia. E con la famiglia poi, il tempo passato in quella specie di furgone era sempre meraviglioso, e se pioveva a dirotto, o addirittura nevicava, l'allegria e la complicità andavano alle stelle.

Attached Image: Londra Crystal Palace 1967 - Svezia 1969

Londra Crystal Palace 1967 - Svezia 1969

 
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view post Posted on 6/11/2016, 20:53
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Più in viaggio che a casa

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Che bello leggere questi racconti.
Grazie! :)
 
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view post Posted on 6/11/2016, 21:32
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Stanziale

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Potrei leggerne all'infinito. Che bel racconto, e quanta tecnologia c'era già in quel mezzo, da rimpiangere
 
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view post Posted on 7/11/2016, 22:51
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Roulottista per la vita

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Bellissimo Willy! Un'emozione..da brividi
 
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view post Posted on 8/11/2016, 21:20
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Roulottista

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Grazie x raccontare questi pezzi di storia della caravan.
Mentre leggo immagino e mentre immagino sogno.
Non vedo l ora di leggere ancora!
 
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view post Posted on 13/11/2016, 13:48

Girabbbaccchino

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Che bella ed affascinante storia!
 
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willy_m
view post Posted on 3/12/2016, 18:08




Ciao a tutti gli ormai amici roulottisti; riprendo il discorso dopo un bel po'.
Anche io, da giovane, ho avuto un lungo periodo di passione sfrenata, ancor più forte che per la roulotte, per la moto con la tenda canadese; viaggi e piccole gite di due o tre giorni che ci si potevano permettere allora, quando c'erano pochi impegni e molta, forse troppa, voglia di vivere tutto. Anche i pericoli. All'università ero bravino senza eccellere (mai strafare!), facevo i miei esami con una media discretamente alta, senza bisogno di impegnarmi troppo, tranne che per qualche esame particolarmente duro; incoscientemente fiducioso, come tutti a quel tempo, in un avvenire sempre più roseo e luminoso (cosa che i ragazzi di oggi possono sognare solo con un impegno forsennato), facevo poco più del minimo indispensabile; e, avendo comunque dei risultati passabili, avevo parecchio tempo libero per divertirmi, anche con i viaggi estivi con la roulotte, ma soprattutto con le mie girate in moto assieme ad altri cari amici, spesso molto più avventurosi di me. La mia Harley Davidson Aermacchi 350 Turismo Veloce rossa, era un mito tra i miei compagni di università, una delle poche moto del tempo che superava i 165 all'ora; ma soprattutto, aveva un'accelerazione spettacolare, che stava quasi dietro (quasi) al mostro dell'epoca, la Laverda 750 SF, roba da 190 all'ora, che oggi fa ridere (o piangere, pensando che aveva solo due freni a tamburo e che spesso si andava senza nemmeno il casco, che allora non era obbligatorio!). Oggi una moto da 750 cc è considerata piccola, allora era il massimo sul mercato, a parte la ElectraGlide 1200, troppo americana per i nostri gusti. La mia Aermacchi era in realtà particolarmente adatta a portare, con una folle corsa, eccitante ma breve, la bella alla balera di campagna: così da costringerla ad aggrappartisi forte, incoraggiandola a dare un seguito a quella eccitazione. Molto più adatta a quello che non ai grandi viaggi; ma io volevo viaggiare. Siamo riusciti a caricare talmente tanto quella motocicletta da spezzare i raggi della ruota posteriore: due valigie laterali, borsone sul serbatoio, tenda e accessori sul portapacchi e, a coronare il tutto, la mia amata fisarmonica nel suo fodero, che qualche mazurka ogni tanto aiuta a fare nuove amicizie. Si sentiva un po' il vento laterale, in quelle condizioni.

Attached Image: Donne e motori...

Donne e motori...

 
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willy_m
view post Posted on 3/12/2016, 18:11




Un po' come per la roulotte, quella moto stimolava la mia voglia di capire ogni particolare tecnologico, e allora era possibile perché una motocicletta era un oggetto piuttosto semplice, zero elettronica, un minimo di elettricità, e tanta meccanica. Ci si rifaceva la frizione da soli, si cambiavano i ferodi e si portavano a rettificare i tamburi ovalizzati, si cambiavano le fasce elastiche, si registravano le punterie, tutto da soli. Il meccanico serviva per darci consigli, e bisognava stare attenti a capire se erano sbagliati! proprio come si fa con la roulotte. E quando si partiva si metteva in conto di doversi fermare a fare qualche riparazioncina "on the road", faceva parte del divertimento. Mio, non della mia compagna, che in quei frangenti odiava me e la motocicletta. Ma la gioia di dormire sotto le stelle, con la testa fuori dalla canadesina, a guardare incantati le costellazioni mentre il rumore del mare ci cullava finché il sonno aveva la meglio, era impagabile.

Attached Image: MV Agusta, Roller 3, Ranger e Aermacchi

MV Agusta, Roller 3, Ranger e Aermacchi

 
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willy_m
view post Posted on 3/12/2016, 18:14




Certo, se in montagna capitava il periodo di pioggia, starsene intere giornate sotto quel minuscolo telo spiovente, con l'umidità che ti entrava nelle ossa, a leggere, a discutere, a giocare a briscola, a litigare o a far l'amore anche per combattere il freddo, e poi ad asciugare le goccioline di condensa che facevano le pozzette sul catino plastificato, non era proprio entusiasmante: si resisteva solo perché l'idea di smontare la tenda bagnata fradicia e impacchettare tutto sotto l'acqua, per poi farsi centinaia di chilometri, ore di concentrazione e di tensione sulle strade viscide, la moto instabile nelle raffiche di vento e in mezzo all'acqua che arrivava da tutte le parti (e sai che se ti distrai ammazzi la tua compagna e te stesso), quell'idea era letteralmente ripugnante. Qualche bravo padre di famiglia del campeggio, con la roulotte e la veranda super-attrezzata, e il macchinone parcheggiato con cui andare a far la spesa in tutta comodità, si impietosiva, di tanto in tanto; e, con un sorriso complice alla moglie, ci invitava a cena in quel meraviglioso tepore asciutto, dove qualunque cibo, per quanto semplice, ma che non fosse i panini prefabbricati a cui eravamo costretti, ci sembrava roba da chef pluri-stellati. E si beccava le più entusiastiche benedizioni, anche se il bimbo piccolo mi aveva fatto la pipì addosso mentre mi si arrampicava sulla schiena. In quei momenti rimpiangevamo, e invocavamo, e mandavamo baci, ardenti di passione, all'immagine della cara roulottina rimasta a casa perché non sufficientemente sportiva. E mi veniva in mente la gioia e la sensazione di allegria e di complicità che anche con i miei genitori aveva sempre accompagnato il rumore, qualche volta il vero baccano, della pioggia sul tetto della roulotte. Bisognava strillare, per farsi capire da chi stava sull'altro lato. Le roulottes di oggi sono molto meno rumorose, sotto la pioggia.

Attached Image: Fiat 2300, Lancia Dedra e altri motori

Fiat 2300, Lancia Dedra e altri motori

 
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willy_m
view post Posted on 3/12/2016, 18:20




Sì, credo di essere riuscito a comunicare quella scoppiettante e allegra complicità anche alla mia, di famiglia, la seconda generazione di roulottisti. Chissà se ce ne sarà una terza: per ora, la terza, se tale sarà, bada a lavorare sodo. Ricordo il primo viaggio con il nostro primo bambino, due anni appena compiuti, e la mamma con il pancione del secondo. Si era addormentato poco prima di partire e il dondolio dell'automobile lo aveva fatto dormire a lungo, cosicché si svegliò all'arrivo a destinazione, traslocato di peso nella roulotte. Il risveglio in quell'ambiente piccolo e accogliente, che gli doveva esser sembrato fatto apposta per lui, lo fece impazzire di felicità. Come il bimbo di Daniele, rideva e batteva le mani, andava dappertutto, si arrampivava su un divano e ne scendeva subito per provarne un altro. Poi la vista dei ragazzi del campeggio con le loro tendine a igloo e le moto, che cucinavano sui fornellini a gas come noi qualche anno prima, gli aveva acceso la curiosità e voleva entrare pure in quelle; e naturalmente aveva presto trovato qualche ragazza dall'istinto materno che lo aveva subito assecondato. Quella sua felicità si trasmise immediatamente anche a noi genitori. Ma anche in seguito, con il fratello lattante, e via via che crescevano, la casetta su ruote li ha sempre affascinati; la tisana calda, alla sera dopo cena, mentre si leggeva, o si facevano i programmi per l'indomani; e la colazione ricca, con i croissant e le uova e gli affettati, e il calduccio della stufa accesa, nelle mattinate di freddo frizzante in montagna; tutti quei piccoli vizi legati alla vacanza nomade erano diventati riti a cui si ripensava durante l'anno, desiderandoli, finché arrivava il momento. E ancora oggi, che hanno quasi trent'anni, parlano di quell'atmosfera con evidente nostalgia. Al pari di me, in vacanza in roulotte con i genitori ci sono venuti volentieri, anche quando hanno superato il metro e ottanta; almeno finché è stato possibile. E comunque quell'oggetto, oltre a insegnar loro l'amore e il rispetto per la natura e per il prossimo, a risparmiare acqua ed elettricità, a essere ordinati ed essenziali, ha permesso loro di vedere, fin da piccolissimi, le differenze di abitudini, di cultura, di architettura, di norme, dei diversi Paesi d'Europa, e di considerare normali le differenze; e da ciascun luogo traevano cose da imitare, o da migliorare, o da rifiutare. In ogni caso, elementi di riflessione. Hanno anche avuto un assaggio di tante lingue e anche quello è servito a maturarli presto.
La passione per la roulotte mi ha indotto a tenerla parcheggiata nel giardino del nostro casale in campagna, piuttosto che in un rimessaggio; anzi, all'inizio ci abbiamo talvolta abitato intanto che i lavori di ristrutturazione della vecchia bicocca procedevano. Lì potevamo allattare il nuovo bambino e scaldargli il biberon; e potevo averla sott'occhio, e fare con comodo le manutenzioni; lì era facile caricarla e scaricarla, pulirla dentro e fuori, e prepararla per i viaggi. Mi sembrava di dovergliele, quelle attenzioni: quell'oggetto, assieme ovviamente ai miei genitori che l'avevano voluto, mi aveva dato e continuava a darmi molto. E mi piaceva vederla a fianco di una "motrice" di altri tempi, i tempi degli antenati degli antenati; come mio nonno, che pur avendo già l'automobile e la motocicletta, negli anni '20 girava sempre con il calesse e il suo amatissimo Tripoli, il cavallo che era come un figlio per lui. Forse, a quei tempi l'automobile era così straordinaria che si usava solo nelle grandi occasioni, ma io credo che fosse l'amore per il cavallo a fargli fare quella scelta quotidianamente. Così come i roulottisti, che magari possono permettersi l'albergo a cinque stelle, ma preferiscono passare le vacanze nella zingaresca casetta su ruote.

Attached Image: Tripoli e il nonno 1925, Bella e arca1500 1994

Tripoli e il nonno 1925, Bella e arca1500 1994

 
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view post Posted on 3/12/2016, 19:43
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Gitano allo stato puro

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Grazie per voler condividere con noi i tuoi ricordi. Una volta un amico mi disse che non si può vivere di ricordi, sarà anche vero ma ti riempiono il cuore. :thankyou: :fonzie: :thankyou: :fonzie: :thankyou: :fonzie:
 
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view post Posted on 3/12/2016, 20:01

Girabbbaccchino

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Nel leggerti sono stato catapultato nei miei ricordi degli anni 70 e 80 passati in rula e in camper in giro per campeggi e strade d'italia e di altri paesi europei, coi miei.
Sempre bello ricordare quei momenti .
La vita in rula e in camper la passammo un po' in ogni modo ... in qualunque stagione ... magari stanziali in inverno per qualche mese a 1000 metri a un'ora da casa, piuttosto che 'nomadi' col camper in giro per settimane a casaccio ,ad esempio, tra Spagna e Portogallo, ad agosto ... sempre tutte esperienze indimenticabili!
 
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view post Posted on 3/12/2016, 21:22
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Più in viaggio che a casa

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Che dire, è fantastico questo racconto!
Grazie. :)
 
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view post Posted on 3/12/2016, 22:30
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Stanziale

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CITAZIONE (willy_m @ 2/11/2016, 23:12) 
CITAZIONE (airlander @ 10/30/2016, 03:19 PM) 
:welcome: ad un antenato doc :D quando poi vedo una caravan d'epoca non mi so trattenere pensando, come per le auto, a quanto siano anonime quelle le attuali.

Grazie per i messaggi di benvenuto. E un saluto a tutti, ancora una volta. Sono d'accordo, il fascino delle auto d'epoca è anche nella loro diversità. Le auto d'oggi, dal disegno ottimizzato dai computers, si assomigliano tutte. Sono anche rimasto colpito dalle parole di LUKE, quando dice "questa è la ROULOTTE, queste erano le vere FAMIGLIE". Io non so bene che cosa debba essere una "vera FAMIGLIA", ma so che non sempre le famiglie funzionano abbastanza bene da poter ambire alle maiuscole. Anche allora c'erano tante famiglie infelici, e coppie che divergevano, ma senza il coraggio o la possibilità di ammetterlo. La roulotte, nel ristretto giro di quelli che arrivavano a sperimentarla, poteva offrire un bel contributo a rinsaldare l'affiatamento familiare: la novità di quell'oggetto bianco e scintillante, il contatto con la natura, l'affrontare e superare insieme piccoli, facili problemi, l'intimità, la necessità di coesione, la facilità nell'instaurare nuovi (anche se spesso effimeri) rapporti sociali all'insegna del rispetto e della semplicità; e l'entusiasmo della scoperta, fatta insieme, di luoghi nuovi e di nuove cose; tutto questo di sicuro aiutava l'equilibrio della coppia e della famiglia. Credo che anche oggi la roulotte possa offrire quel contributo alle famiglie, ma c'è un diverso pericolo: il fatto di non riuscire mai a sganciarsi dal quotidiano, attraverso computers, e smartphones, e campeggi e aree di sosta con il wifi, potrebbe vanificare in parte quel ruolo coesivo. Forse è questo che intende Luke?
Mi spiego meglio: ammetto di sentirmi fortemente irritato se il mio interlocutore armeggia con lo smartphone mentre gli parlo; eppure il telefonino lo hanno tutti, e quasi tutti fanno la stessa cosa: siamo indotti, al giorno d'oggi, a mancarci di rispetto vicendevolmente. Quando si è travolti dalla droga dell'informazione in tempo reale, nemmeno lo spirito del roulottista giova; anche in viaggio con la roulotte, siamo spinti a essere un po' schizofrenici, e a spartire la nostra attenzione su troppi fronti, uno solo dei quali, forse, è costituito da chi fisicamente sta con noi. Aggiungo che, sia per lavoro che per interessi personali, sono personalmente un entusiasta della rete, e dell'informatica, e non vorrei certo lasciare a casa il cellulare o il computer; ma bisogna usarli con grande attenzione, e non permettere che danneggino i rapporti personali, il guardarsi in faccia, il sorridersi o farsi la faccia scura, il leggere insieme il giornale o un bel libro. Il "metterci la faccia", nei rapporti con gli altri. La roulotte esalta i rapporti sociali e familiari, e la iper-connessione telematica potrebbe invece vanificare questi aspetti, come spesso accade nella vita quotidiana. Le vere famiglie di cinquant'anni fa effettivamente non correvano questo rischio. Scusate questa divagazione.
Anzi, per farmi perdonare la filosofia, vi allego qualche altra foto d'epoca: mio padre che aggancia la roulotte con ancora addosso la cravatta (si intravvede, veniva direttamente dall'ufficio; e notate il gancio d'epoca dell'ARCA, con il maniglione di bloccaggio della sfera); qualche giorno dopo, molto più rilassato, davanti al castello di Chambord; e poi sulla spiaggia, assieme a mia madre, al rientro dal grande viaggio del 1964.
Una parte importante nel modo positivo di vivere la roulotte negli anni '60, lo ebbero due signori che voglio ricordare qui per il loro ruolo non solo di entusiastici imprenditori, ma direi quasi di "educatori" alla vita di campeggio e di roulottismo (poi si sarebbe detto "caravanning"): l'avvocato Giandolfo Cogliati Dezza e l'ingegner Alberto Barbieri, fondatori e proprietari dell'ARCA, quell'ARCA che oggi non c'è più, anche se il marchio è stato rilevato da un altro costruttore. Sicuramente qualcuno di voi ebbe modo di conoscerli. Come qualcuno ha già detto, ogni cliente diventava un amico, lo seguivano personalmente, e poi organizzavano gite, rallyes, viaggi avventurosi, mettevano su campings (uno in pineta al mare, uno in montagna al Terminillo, e altri che non ricordo), davano consigli sulla guida con il rimorchio, sui luoghi da visitare, sulle attrezzature da portare, sulle strade migliori. Ricordo in particolare un consiglio di guida, che il Barbieri dette a mio padre in mia presenza, e a cui tuttora mi attengo, anche quando guido la macchina da sola: pensa sempre di stare al volante di un grosso autotreno a pieno carico; immaginatelo bene, come guideresti?... mai sterzate brusche, o frenate o accelerazioni violente, lasciati spazio intorno per quanto possibile, tieniti largo sulle curve, e mantieni distanze di sicurezza molto grandi. Con questo principio, imparato da quel signore quando avevo undici anni, non ho mai avuto incidenti per mia responsabilità in 45 anni di guida, con e senza rimorchio. Sono l'idolo degli assicuratori.
E tuttavia Alberto Barbieri si guadagnò un formidabile primato, che fece molta pubblicità all'azienda, con qualche minuto di guida spericolata: con la sua Maserati Quattroporte (la prima serie era appena uscita), e un'ARCA 900 al traino, superò la velocità cronometrata di 171 km/h. La miglior prova che il rimorchio non "scodava". Doveva essere il 1965 o '66, perché non aveva più la "Flaminia" ma la Maserati. I favolosi anni sessanta! Oggi anche quel record è stato ampiamente superato con automobili dalla potenza mostruosa di oltre 500 cavalli, ma allora era veramente straordinario. Anche quel record è una infinitesima parte di storia: anzi, a pensarci bene, tutto quel periodo è stato forse l'infinitesimo più felice, nella storia dell'umanità. Non sono certo, però, che abbia impostato delle buone premesse per il futuro.
Al ritorno da Parigi, mio padre se la vide brutta sulla discesa del Passo del Frejus. I tamburi dei freni della povera Millecento, surriscaldati, si dilatavano, il pedale, schiacciato a fondo con la forza della disperazione, scendeva sempre di più e la macchina a mala pena riusciva a rallentare, con quella tonnellata che spingeva da dietro e i suoi freni a repulsione un po' approssimativi. Nemmeno mettere la prima, serviva, su quella discesa del 12%. Più tardi, lui confessò a mia madre di essere stato sul punto di fracassare macchina e roulotte contro la parete di roccia di lato, per evitare che il nostro piccolo convoglio prendesse velocità. Per fortuna invece, la pendenza diminuì un po', e non fu necessario. Questo momento di terrore convinse i miei genitori a investire in una nuova auto, molto più grossa e potente, con quattro freni a disco e servofreno: una 2300 sei cilindri, la più grossa Fiat a quel tempo, che usavamo praticamente solo per le vacanze. Bianca e luccicante di cromature, le fasce bianche sottili sui pneumatici, silenziosissima, ci sembrava di andare su un jet di lusso. E in effetti i viaggi divennero una passeggiata, anche se il musetto sorridente della Millecento ci mancava. Discese e eventuali scodamenti del rimorchio non erano più un problema, le salite meno che mai, la temperatura dell'acqua sempre bassa, i freni potentissimi in ogni condizione. Tra l'altro i miei scoprivano con piacere che il consumo di benzina non era affatto aumentato, anzi! la Duemilaetre, capace di 117 cv di potenza massima (non ricordo la coppia) andava con un filo di gas là dove con la Millecento, che al massimo ne poteva esprimere 36, si era portati a schiacciare a fondo l'acceleratore, sprecando carburante con pochi risultati. Ai nostri giorni anche quei 117 cv sembrano scarsetti, e oltretutto i motori turbodiesel offrono una coppia molto più alta anche a basso numero di giri, il che conta molto più della potenza massima. Ma allora i diesel erano poco diffusi, e molto lenti, senza il turbocompressore; e il frontale della roulotte diventava rapidamente grigio di fumo. Le Peugeot 403 e 404, quasi le uniche diesel in circolazione negli anni '60, facevano tutte così.
Le automobili odierne sono oggettivamente molto migliori e più sicure, trainare è assai più facile di allora; ma quella sfida tecnica (c'era chi aggiungeva ventole ai radiatori per le salite, e chi invece, per dissipare il calore attraverso il radiatorino supplementare interno, apriva tutti i finestrini e metteva il riscaldamento al massimo in piena estate; chi modificava i freni, chi montava condizionatori ad acqua...), quella sfida quasi sportiva (si facevano le gare di regolarità con la roulotte agganciata, una specie di rally; e le gare in retromarcia tra i coni di gomma!), talvolta perfino pericolosa, era molto formativa. Forse solo la "Millemiglia" delle auto d'epoca ci fa rivivere adesso sfide analoghe.
Ma naturalmente l'appetito vien mangiando, e visto che l'automobile era così sicura, confortevole e silenziosa, ci si poteva permettere di trainare una roulotte più spaziosa e anche più razionale; e due o tre anni dopo, era il 1967, arrivò il momento.

bellissimi racconti leggo incantato immedesimandomi nei luogli e nelle situazioni. Anche io intendo così il mondo delle vacanze in roulotte
 
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view post Posted on 8/12/2016, 00:11

Viaggia a 6 ruote

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Per me, che sono della nuova generazione ,è fantastico immedesimarmi nelle tue parole e assaporare il gusto di un patrimonio che spesso vediamo con altri occhi ...
È difficile da spiegare a parole ma è davvero una cosa bella e te ne sono grato !
Buonanotte :)
 
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53 replies since 13/10/2016, 20:48   2478 views
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